Employer branding e attrazione dei candidati e candidate: i canali più efficaci oggi

Introduzione

Negli ultimi anni il mercato del lavoro ha vissuto una trasformazione radicale. La scarsità di profili qualificati in ambiti innovativi come quello dell’intelligenza artificiale o dei green jobs, la crescente attenzione al work-life balance e allo smart working e l’emergere delle nuove generazioni con aspettative diverse hanno reso l’employer branding una priorità strategica per le aziende.
Per employer branding si intende l’insieme delle azioni, dei messaggi e delle esperienze che un’organizzazione costruisce per raccontarsi come luogo di lavoro. Non si tratta soltanto di comunicazione esterna, ma di un processo che coinvolge valori, cultura aziendale, leadership e pratiche quotidiane.

Oggi un buon employer branding non è un “di più”: è ciò che fa la differenza tra attrarre o perdere i migliori candidati. In un contesto in cui le persone scelgono il datore di lavoro non solo in base a stipendio e benefit, ma anche a valori, sostenibilità, inclusione e opportunità di crescita, una reputazione solida è un vero asset competitivo.

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Questo è valido ancor di più se si pensa ai Millennial e alla GenZ, che più di ogni altra generazione valutano con grande attenzione un’azienda a 360° prima di sceglierla come luogo di lavoro. A tal proposito, può essere interessante leggere il report che Grafton ha stilato per conoscere la cosiddetta “GenAI People” e seguire su Instagram la community GanAI People in cui “Parliamo di lavoro, e non solo, per quelle generazioni che stanno crescendo con l’IA, ma non solo.”

Un brand aziendale forte ha un impatto diretto sulla capacità di attrarre candidati e candidate. Le persone cercano coerenza tra ciò che un’azienda promette al mercato e ciò che offre ai suoi collaboratori. Se un marchio è percepito come innovativo, sostenibile e attento al cliente, i candidati si aspettano la stessa attenzione all’interno: percorsi formativi, welfare, politiche di diversity e ambienti di lavoro stimolanti.

Secondo diversi studi, le aziende con un buon employer branding riducono fino al 50% i costi di assunzione e vedono crescere il numero di candidature spontanee[1]. Non solo: i dipendenti diventano i primi ambasciatori del brand, amplificando la reputazione attraverso passaparola, social media e recensioni su portali come Glassdoor.

Canali digitali tradizionali in cui fare employer branding

Quando si parla di employer branding, i canali digitali tradizionali restano fondamentali.

Sito career

È il biglietto da visita ufficiale. Qui i candidati si aspettano di trovare offerte di lavoro aggiornate, descrizioni chiare dei ruoli, ma anche racconti di vita aziendale, testimonianze dei dipendenti e informazioni su valori e cultura.

Un sito career statico non basta: deve essere ottimizzato per mobile, veloce e integrato con Applicant Tracking System. Cosa si intende per ATS? È un software usato dalle aziende e dai recruiter per gestire in modo centralizzato il processo di selezione del personale.

In pratica, è una piattaforma che raccoglie automaticamente i CV inviati, organizza le candidature in un database consultabile, filtra e classifica i CV secondo criteri specifici, gestisce le fasi di selezione con invio automatico di email, pianificazione dei colloqui, note dei recruiter, valutazioni dei candidati, e genera report su metriche HR.

In sintesi: un ATS è una sorta di “CRM per le risorse umane” che aiuta a snellire e digitalizzare il recruiting, migliorando sia l’esperienza dei candidati sia l’efficienza del team HR.

LinkedIn

La piattaforma per eccellenza del recruiting e della reputazione professionale. Oltre alla pubblicazione di offerte, LinkedIn è uno spazio per condividere storie aziendali, progetti di innovazione, iniziative di sostenibilità e riconoscimenti. I contenuti più efficaci sono quelli autentici: post scritti dai collaboratori, video brevi e articoli di approfondimento.

Newsletter aziendali

Spesso trascurate, sono invece un canale utile per mantenere viva la relazione con una community di professionisti interessati. Una newsletter ben strutturata può includere aggiornamenti su progetti, interviste ai dipendenti, eventi di recruiting e opportunità formative.

Nuovi canali emergenti, utili per l’employer branding

Accanto ai canali consolidati, stanno emergendo strumenti innovativi che parlano soprattutto alle generazioni più giovani.

Podcast

Permettono di raccontare la cultura aziendale in modo narrativo e coinvolgente. Alcune aziende hanno creato serie dedicate a temi come sostenibilità, innovazione o percorsi di carriera, dando voce direttamente ai collaboratori.

Un esempio è quello del Post, uno dei giornali online più autorevoli in Italia, da sempre attento a raccontarsi in tutte le sue mille sfaccettature, che ha creato “Per fare il Post”: un podcast per spiegare chi fa cosa in redazione e come lo fa.

TikTok

La piattaforma che ha rivoluzionato il linguaggio digitale. Qui funzionano contenuti leggeri, creativi e immediati: brevi video che mostrano la vita quotidiana in ufficio, le dinamiche di team building o le curiosità sul settore.

Un esempio noto è Washington Post, che ha saputo usare TikTok per rafforzare la propria immagine come luogo di lavoro dinamico e innovativo.

Instagram Reels

Perfetti per mostrare backstage, momenti di formazione ed eventi aziendali attraverso format veloci e autentici, che permettono di far percepire il lato umano dell’organizzazione. Un esempio molto divertente è il profilo La cucina del Maia, una sorta di backstage di quel che succede dietro le quinte di un ristorante di Crema: mostra un gruppo di lavoro in cui cuochi e camerieri sono davvero così affiatati che viene proprio voglia di lavorare con loro (o di andare a provare i loro piatti)! Questo per dimostrare che l’employer branding non è adatto solo per i grandi brand e le grandi aziende, ma può essere messo in pratica anche dalle piccole realtà locali.

Questi strumenti non sostituiscono i canali tradizionali, ma li completano, offrendo un linguaggio più vicino alle nuove generazioni e mostrando l’azienda sotto una luce meno istituzionale e più autentica.

Ci sono poi brand che hanno sperimentato anche veri e propri progetti innovativi dedicati all’employer branding. Un esempio è quello di L’Oréal che ha sviluppato un progetto, Brandstorm, giunto alla sua 33esima edizione, con l’obiettivo di aiutare gli under 30 nella costruzione della propria carriera. Grazie a questa iniziativa, migliaia di ex studenti hanno trovato un impiego a tempo pieno presso L’Oréal e ogni anno quasi 500 giovani partecipanti trovano la loro prima opportunità di carriera grazie alla partecipazione a Brandstorm.

Differenza tra employer branding e brand aziendale: obiettivi distinti ma interconnessi

È importante distinguere employer branding e brand aziendale.

  • Employer branding: si rivolge a professionisti e collaboratori, comunicando i valori del luogo di lavoro, le opportunità di carriera e il clima aziendale.

  • Brand aziendale: comunica ai clienti e al mercato il valore dei prodotti o servizi offerti.

I due livelli sono distinti ma interconnessi. Una promessa fatta al mercato che non trova corrispondenza all’interno rischia di generare incoerenza e danneggiare la reputazione complessiva. Per questo motivo le strategie devono essere integrate, garantendo coerenza di valori e messaggi sia all’esterno sia all’interno.

Consigli pratici per le aziende

Per costruire una strategia di employer branding efficace è utile seguire alcuni step[2].

  1. Definire la propria Employee Value Proposition (EVP): chiarire cosa rende unica l’azienda come datore di lavoro (formazione, flessibilità, welfare, cultura).

  2. Creare contenuti autentici: dare voce ai collaboratori attraverso video, interviste, articoli. Le storie reali funzionano meglio delle dichiarazioni istituzionali.

  3. Integrare i canali: non limitarsi a uno solo, ma combinare sito career, social media, podcast e newsletter per raggiungere pubblici diversi.

  4. Misurare i risultati: analizzare metriche come numero di candidature, qualità dei candidati, tempo medio di assunzione, engagement sui contenuti.

  5. Coinvolgere i dipendenti: renderli ambasciatori del brand, incoraggiandoli a condividere esperienze sui propri canali personali.

Errori da evitare

Una strategia di employer branding può fallire se commette alcuni errori comuni.

  • Incoerenza dei messaggi: promuovere flessibilità e inclusione senza metterle realmente in pratica genera sfiducia.

  • Eccessivo focus sul prodotto: parlare solo di performance e risultati commerciali non basta. Le persone cercano valori, cultura e attenzione al benessere.

  • Trascurare l’esperienza del candidato: processi di selezione troppo lunghi, mancanza di feedback e comunicazioni impersonali compromettono la reputazione.

  • Non ascoltare i collaboratori: un employer branding costruito solo “a tavolino” rischia di sembrare artificiale.

Conclusione

In un mercato del lavoro sempre più competitivo, l’employer branding è la chiave per attrarre e trattenere i professionisti[3]. Le aziende devono imparare a raccontarsi in modo autentico, integrando canali tradizionali e innovativi, coinvolgendo i collaboratori e mettendo al centro valori e cultura.

L’employer branding, quindi, non è più solo una leva di comunicazione, ma un vero strumento di competitività: chi saprà coltivarlo con coerenza e creatività riuscirà a distinguersi, assumere i migliori candidati e candidate e costruire un futuro più solido per l’organizzazione.

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